Decostruzione, smontaggio selettivo e preparazione al riutilizzo.
Il GREEN DEAL europeo si pone come obiettivo quello di combattere l’emergenza climatica incentivando l’“economia verde” in tutti gli Stati membri per raggiungere le emissioni zero entro il 2050.
Tutto ciò si traduce in azioni che possiamo raggruppare in cinque ambiti: Clima, Energia, Industria, Mobilità e Costruzioni
In particolare in questo articolo ci occuperemo del comparto EDILIZIO.
Uno dei punti cardine del Green Deal dovrà necessariamente coinvolgere anche le strutture edilizie pubbliche e private. Il 40% del consumo energetico è, infatti, da imputare all’edilizia: costruire o ristrutturare gli edifici con le tecnologie più avanzate permetterà ai cittadini di ridurre drasticamente i consumi energetici e, quindi, anche le bollette.
Attualmente, l’industria dell’architettura, dell’ingegneria e delle costruzioni (AEC) opera per la maggior parte nell’economia lineare che può essere rappresentata dal percorso “PRENDERE, FARE, SPRECARE”. In questo modello lineare, i materiali vergini vengono estratti dalla terra, trasformati in un prodotto, utilizzati e successivamente smaltiti come rifiuti in discarica. Attraverso questo sistema, l’AEC arriva a raggiungere fino 40% delle emissioni di anidride carbonica in tutto il mondo, i rifiuti da costruzione e demolizione rappresentano il 40% dei rifiuti solidi prodotti.
A causa del consumo di materiali dell’industria e di tutto il mondo, si è ipotizzato che entro il 2050 ci vorranno due Terre per sopportare l’attuale tasso di utilizzo delle risorse. Una soluzione per mitigare questo problema è l’implementazione di un’economia circolare (CE). L’economia circolare è un modello economico che mira a DISACCOPPIARE LA CRESCITA ECONOMICA E L’ESAURIMENTO DELLE RISORSE riducendo al minimo gli sprechi e aumentando il periodo di utilizzo dei prodotti.
L’applicazione del modello economico circolare all’industria AEC comporterebbe una diminuzione dei materiali vergini, dei rifiuti in discarica e dell’impatto ambientale complessivo. Attualmente esistono due tipi principali di demolizioni: CONVENZIONALE o SELETTIVA. La demolizione convenzionale è quella ancora più utilizzata, che attraverso l’impiego di attrezzature meccaniche demolisce integralmente l’intero sito. La demolizione selettiva, o meglio lo smontaggio selettivo, è la pratica di smontare selettivamente i componenti degli edifici, nota anche come decostruzione.
Lo smontaggio selettivo chiamato “strip out”, di cui fa parte anche l’attività di “social urban mining”, ha lo scopo di selezionare una serie di oggetti e materiali prima che l’edificio venga definitivamente abbattuto e si proceda ad un eventuale recupero di Materia Prima Seconda. Le tipologie trattate sono varie, ad esempio arredi, infissi, tapparelle, corpi illuminanti, corpi radianti, apparecchiature tecnologiche (es. caldaie), corrimano, alcuni tipi di rivestimento, etc…
Questa forma di rimozione selettiva consente di ottimizzare la gestione dei materiali residui e di indirizzarli verso canali di smaltimento o recupero più consoni. Tale operazione è a pieno titolo una operazione di riuso o preparazione al riutilizzo volta a mantenere oggetti e materiali usati nella loro funzione originaria o a trasformarli per nuovi usi. La destinazione di questi beni può essere la vendita ma anche l’utilizzo in nuove costruzioni.
Il riutilizzo di oggetti e materiali nel cantiere di demolizione potrebbe seguire alcune fasi: 1. Verifica tramite check list della fattibilità / sostenibilità delle operazioni di recupero; 2. Integrazione con il piano di demolizione; 3. Decostruzione selettiva per l’ottenimento di oggetti e materiali; 4. Logistica di cantiere; 5. Eventuali lavorazioni e valorizzazioni. 6. Vendita / riuso
Per quanto riguarda la decostruzione selettiva, vista la complessità delle operazioni si ipotizza un presuppone l’utilizzo di collaborazioni tra impresa edile e impresa no-profit, che prevedano l’esecuzione delle attività di selezione e smontaggio in cantiere da parte di squadre adeguatamente formate ed esperte.
Una volta smontati gli oggetti ed i materiali, le operazioni di lavorazione e valorizzazione devono essere svolte in strutture attrezzate allo scopo. Si possono prevedere diverse situazioni: – Recupero di materiali (legno, metallo, vetro) classificati come rifiuto: per essere riutilizzata e venduta come materia prima seconda, tale tipologia necessita di essere processata in impianti debitamente autorizzati e di essere sottoposta, a seconda dell’utilizzo, a pulizia, separazione in frazioni omogenee, riduzione volumetrica, pressatura, …; – Preparazione al riutilizzo di oggetti con lo status di rifiuto: è necessario procedere attraverso un’operazione autorizzata, ma il prodotto finale non sarà una materia prima seconda, bensì un oggetto riutilizzabile con lo scopo originario; a titolo esemplificativo, si possono citare: travi in legno, infissi, vetrate, ringhiere, cancelli.
I materiali quindi possono essere destinati alla produzione di nuovi elementi, gli oggetti possono essere destinati al refurbishing (restauro) e, alla fine, al riutilizzo in edilizia.
Esiste anche una valorizzazione innovativa, chiamata Up-cycling o Trash design che sono indipendenti dalla forma e dalla funzione iniziale dell’elemento, usati per produrre nuovi oggetto con aspetto, caratteristiche e funzionalità differenti da quelli originari. Un esempio possono essere i serramenti, utilizzati dopo essere stati riadattati come piano di lavoro per tavoli oppure appesi alle pareti possono diventare delle strutture per dei ripiani con annessi dei porta abiti; oppure ancora usati in agricoltura per creare serre.